Ho terminato il 2017 leggendo “Non è lavoro, è sfruttamento“, libro di Marta Fana. Un libro intenso che racconta l’evoluzione del mercato del lavoro in Italia, e che ha il pregio di non spingere alla rassegnazione ma di stimolare invece la riflessione e una reazione in chi legge.
Tutti noi siamo coinvolti. Perché ci troviamo in una delle situazioni raccontate dall’autrice, conosciamo qualcuno che sta vivendo una realtà simile o perché, come consumatori, clienti e lavoratori, siamo parte di un sistema che mostra limiti e distorsioni, che impoverisce il significato e la valenza del lavoro, e così facendo dell’individuo.
Mi tornano in mente due articoli della nostra Costituzione:
Art. 4. La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, una attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.
Art. 36. Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.
Credo sia utile e necessario riappropriarci di questi principi: parlandone, interrogandoci, continuando a cercare opportunità per ricordare e rinnovarne il valore.